The Cure @ Palalottomatica – Roma 2016

Cliente: The Base

30 Ottobre 2016

Lavorando con The Cure, Kick Agency ha davvero capito che la luce ha senso solo, per il fatto che esiste il buio.

Robert Smith scalda, con lui il gotico diventa sempre rifugio per chi oltre ai The Cure ama – o amava – perdersi negli incubi dei Joy Division o imbottirsi delle acidità di Siouxie and the Banshees. Mettici anche il tempo che è passato e il ricordo che si fa nostalgia: è un attimo e un concerto del leader dei Cure nel 2016 diventa un abbraccio confortante. Chi l’avrebbe mai detto? ... Ci sono i pannelli a far da scenografia: talvolta servono per portare in primo piano il faccione pallido con rossetto e kajal di Robert. Altre volte proiettano immagini di proteste e oppressione, migranti in mare e Mohammed Alì sul ring, guerre e fungo atomico. Oppure l’ombra di una ragazza che danza in kimono, a dire del fascino per l’oriente che ha rapito tanti 30-40 anni fa, da Smith a David Bowie, David Sylvian. Poi alla fine del primo bis quegli stessi pannelli ti prendono per mano e ti portano tra gli alberi, nella notte: ‘into the trees’ di ‘A forest’, uno dei brani più riusciti del concerto.

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I The Cure non sono diventati The Cure per la loro logorrea e così le canzoni filano via una dopo l’altra, senza presentazioni ampollose o ringraziamenti prolissi: Smith beve un sorso di birra, prende in mano un’altra chitarra (su una c’è scritta inspiegabilmente la sequenza di Fibonacci) e si rimette a lavoro. È un professionista e come tale va avanti per tre ore, suona tutte le canzoni e guida la band con pochi cenni, uomo solo al comando di una macchina che andrebbe avanti anche, o forse soprattutto, a fari spenti nel buio. Friday I’m in Love, Boys Don’t Cry e Close to Me sembrano chiudere il concerto quando l’ultimo pezzo (Why Can’t I Be You?) spiazza la platea, stanca ed appagata.

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Si ringraziano le fonti

Foto: Kick Agency, Marta Coratella


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