Tame Impala @ Rock In Roma – 2015

Cliente: The Base

26 Agosto 2015

(fonte Sentireascoltare.com, foto di Max Marcoccia per SentireAscoltare.com, Roberto Panucci per OnStageweb.com)

Tame Impala, dai ritmi funk e r’n’b suadenti al definitivo prevalere dei synth sulle chitarre

A ben vedere, sono pochi quei gruppi che, arrivati all’apice del percorso artistico, sono riusciti a salvaguardare i propri spazi e a preservare le proprie peculiarità tra questi possiamo far rientrare sicuramente gli australiani Tame Impala (e il loro leader, sempre più one man band, Kevin Parker), i quali, con il recente Currents – dato alle stampe lo scorso 17 luglio – hanno chiuso il cerchio iniziato nel 2007.

Questa loro capacità di controllo la si percepisce su disco – sede in cui i deliri “onirici” e gli sprazzi di follia (nel senso buono del termine) del ventinovenne di Perth riescono ad imporsi sulle più accomodanti tendenze del momento – così come nelle performance live, dove lo stesso Parker sembra rivendicare un controllo meticoloso, a tratti ossessivo, di tutto e su tutti. Dai fumi sul palco alla proiezione di disegni dagli effetti stroboscopici (prodotti collegando la chitarra a un oscilloscopio), fino al look di fonici e tecnici, tutti rigorosamente in camice bianco. Paradossalmente però, è proprio dal vivo che arriva la definitiva conferma di un cambiamento in atto. Rispetto alle esibizioni che avevano accompagnato le uscite di Innerspeaker e Lonerismsarà la maturità, sarà l’evoluzione del suono o magari l’hype – si ha come la sensazione che qualcosa si sia incastrata tra gli ingranaggi della macchina Tame Impala.

Facendo un balzo indietro alla tournée del 2012, quella di Lonerism per intenderci, il ricordo era infatti quello di una band energica, di un Parker scalmanato che avvinghiato alla sua chitarra giocava con il resto della band a rincorrersi lungo assoli pressoché improvvisati e suite acide (memorabile quella di Half Full Glass of Wine), facendosi spazio tra le ombre di Syd Barrett e della sua “stonata” combriccola di Cambridge. Ad emergere allora era una sensazione di immediatezza e istintività, che almeno negli ultimi due anni pare essere un po’ scemata. Con questo non si vuole certo lasciare intendere in alcun modo che i live della band di Perth non valgano più il prezzo del biglietto, altrochè. Ma coloro che si aspettavano, lo scorso 26 agosto a Roma, “quei” Tame Impala, hanno dovuto prendere atto della definitiva maturazione artistica e stilistica della band australiana.

Dopo un ingresso segnato da giochi di luce capaci di risucchiare in un vortice caleidoscopico, l’attacco è affidato a Let It Happen, singolo portabandiera di Currents che al suo interno contiene gran parte dei nuovi ingredienti stilistici dei Tame Impala – dai ritmi funk e r’n’b suadenti al definitivo prevalere dei synth sulle chitarre – e su cui di lì a poco si adagieranno anche le vertiginose It Is Not Meant To Be, Alter Ego e Why Won’t You Make Up Your Mind (tratte da Innerspeaker) e le “lonerismiane” Feels Like We Only Go Backwards (accolta da un vero e proprio boato), Mind Mischief e Why Won’t They Talk To Me?. L’unica a mantenere il suo incedere graffiante, quello dei primissimi Tame Impala che trovavano ispirazione nei riff dei Black Sabbath piuttosto che nei tappeti sonori dei Kraftwerk e Daft Punk, rimane la martellanteElephant, capace di regalare il punto più alto di (s)carica adrenalinica.

Ma non è questo il momento per guardarsi troppo indietro, anche perchè con gli australiani il concetto di tempo è destinato a restare fine a se stesso. Per due ore si resta sospesi a metà strada tra passato e futuro, e in questa sorta di limbo ’cause I’m a Man, The Moment e Eventuallyriescono ad ovviare al nostro sempiterno mood nostalgico. E così, paradossalmente, si scopre che i Tame Impala possono essere la medicina definitiva contro la nostalgia. - Powered by Kick Agency -

puoi commentare su Facebook clicca ora su Kick Agency