Richard Galliano @ Audit. Pdm Sala Sinopoli Roma 2016

12 Novembre 2016

Richard Galliano si concede una finestra in solitudine


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Richard Galliano è, come di consueto, affabile, dialoga con il pubblico, racconta il senso della celebrazione di un matrimonio tra il folclore francese e la musica afroamericana, tra il valse musette ed il jazz, la lezione di Astor Piazzolla, l’eredità di Marcel Azzola.La musica – esuberante ed appassionate, melanconica e struggente – parla da sola con accenti diversi e con il tempo ternario che danza sulla bottoniera dello strumento.

Si apre con l’esuberante French Touch in cui la cantabilità si sposa alla ricerca timbrica, al «sound» di Galliano che è marchio distintivo e cifra stilistica. Segue l’introversa Spleen, brano che risale a trent’anni fa, mentre più recente è Laurita, una ballad. Sui due solidi binari di tempo veloce e ternario e slow in quattro il concerto decolla, grazie anche alla maestria chitarristica di Catherine.

In accompagnamento come in solo, al raddoppio delle melodie come in contrappunto la sei corde del musicista ha sfumature, impennate, colori ed ombreggiature personalissime, al punto da evocare un Jim Hall europeo. Lo conferma il suo pezzo L’éternel desire che spezza la gradevole prevedibilità del repertorio di Galliano, il duo tra i due leader, un Les feuilles mortes che recupera la melodia originale e la suggestione autunnale, chiaroscurale.

Richard Galliano si concede una finestra in solitudine per La valse a Margot e Libertango, tra Francia ed Argentina, coniugando il verbo di un jazz europeo ormai ben stilizzato ma non sterile. Quanto abbia assimilato dello slancio ritmico del jazz e ben visibile nel trascinante Beritzwaltz, una pagina che mette d’accordo le due sponde sonore dell’Atlantico, confermando in Galliano uno dei protagonisti del jazz continentale odierno.

Si ringraziano le fonti

Luigi Onori per ilmanifesto.it
Foto/Video di Max Pucciarello, Giuseppe Maffia 


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