Neil Young @ Rock in Roma 2013

Cliente: THE BASE

26 Luglio 2013

Alla fine saranno 7.000 gli spettatori che accolgono il ritorno a Roma - dopo oltre 20 anni di Neil Young accompagnato dai Crazy Horse. Un manipolo di guerrieri del Rock, orgogliosi, fieri e mai domi malgrado siano tutti avanti negli anni. Un concerto fantastico che resterà a lungo nella memoria dei presenti. Sono in quattro sul palco per la data romana di questo “Alchemy Tour”: Neil Young, chitarra, voce e armonica a bocca, Frank “Poncho” Sampedro, seconda chitarra, Billy Talbot, al basso e Ralph Molina, alla batteria. Si sistemano al centro del palco, uno accanto all’altro, non comunicano molto con il pubblico, ma fanno parlare la loro musica. Una tempesta di suoni che pervade il corpo e la mente.

Neil Young, canadese, 68 anni d’età ma i suoi duetti con Poncho Sampedro possiedono un’energia, nessuno è in grado di eguagliare. Si comincia alla grande con Love And Only Love, Powderfinger e Psychedelc Pill un brano nuovo, tratto dal disco omonimo. Neil Young imbraccia la sua leggendaria Les Paul nera, che è ancora con lui, non lo abbandona, dopo oltre 40 anni di esistenza, perché è l’unica capace di riprodurre quelle sonorità sporche e ficcanti che sono il suo marchio di fabbrica.

“every morning comes the Sun” come canta Neil Young sulla splendida Ramada Inn, e si ricomincia daccapo. Alcuni spettatori fra il pubblico avrebbero voluto ascoltare un concerto fatto di greatest hits in formato live, come si conviene alle grandi star del Rock. E invece no, Neil Young non li ha accontentati: lunghe suite, tirate di dodici minuti e più, il disco nuovo, non l’album dei ricordi. No, lui non è ancora andato in pensione, ha qualcosa da raccontare.

Esemplare l’esecuzione di Heart Of Gold, una citazione dal passato, è vero, ma quanto mai indovinata: ”keep me searching for a heart of gold/ and I’m getting old”, il destino di chi non si accontenta, di chi non vuole fermars. Splendida a tale proposito Walk Like A Giant un altro brano nuovo che ricorda con affetto i primi anni Settanta.

C’è comunque in Neil Young della sana nostalgia per quella “camminata da gigante” che musicalmente al suo interno recupera anche dei passaggi armonici di “Hey hey my my, Rock and Roll will never die”, prima di esaurirsi in un feedback fatto di bordate metalliche tanto ultimative quanto volutamente disturbanti. Parla poco Neil Young, ma quando uno come lui esegue Blowing In The Wind di Bob Dylan, che cosa diavolo resta da dire? Non mancano anche delle citazioni al festival di Woodstock come quando di fronte ai rumori simulati di tuoni e pioggia che escono dagli amplificatori gli spettatori sono invitati a ripetere in coro “No Rain No Rain”, ma non si è trattato di un concerto nostalgico.

Bene anche i brani nuovi come Hole In The Sky, una canzone dai chiari intenti ecologici, scritta pensando al buco nell’ozono, e Singer Without A Song. Dopo l'esecuzione di Surfer Joe And Moe The Sleaze, la serata conosce uno dei momenti più alti grazie alle bordate elettriche di Rockin’ In The Free World. Neil Young asseconda il pubblico e ripropone per ben due volte il refrain del brano.

Dopo qualche minuto Neil Young e i Crazy Horse tornano sul palco ed eseguono una straordinaria versione di Cortez The Killer, un brano assolutamente straordinario, l’elogio della chitarra elettrica, un vero e proprio assoluto. Arriva il momento dei saluti finali e Neil Young saluta il pubblico sulle note di Cinnamon Girl, un’altra perla, incastonata nella leggenda della sua figura. - powered by Kick Agency -