Deep Purple @ Palalottomatica – Roma 2015

Cliente: The Base

06 novembre 2015

I pionieri del genere hard & heavy rock si impossessano del palco capitolino e dimostrano che nonostante l'età sono ancora pienamente in grado di  infiammare un palazzetto.

Since 1968, potrebbe essere questo il titolo del loro nuovo album. I  vecchi leoni del rock Ian Paice, Ian Gillan, Steve Morse, Roger Glover e Don Airey, con oltre cento milioni di dischi venduti ed alle spalle quasi cinquant'anni di carriera, sono uno dei gruppi più longevi del panorama rock mondiale. Anche nella tappa romana dimostrano con professionalità di saper emozionare e sorprendere come e meglio di mezzo secolo fa.

"Le atmosfere di questo concerto assomigliano molto ad una di quelle ricorrenze nelle quali ci si ritrova con i familiari, e che per tanti motivi non fanno parte della tua vita quotidiana e che magari non vedi o ai quali non pensi, ma che hanno segnato la tua vita. Come un caro zio, quello che quando eri bambino ti trasmetteva le sua passioni.

Un lungo intro strumentale ed eccoli, Roger Glover suona la carica col suo basso gli si affianca Steve Morse e fa altrettanto, ed ecco Ian Gillian, subito fa saltare la folla con “Highway Star” e poi ancora con “Bloodsucker” e “Hard Lovin’ man”.

Su “Strange Kind of Woman” nessuno nel parterre, può evitare di muoversi o ballare. La voce di Gillian ha ancora smalto e la potenza da far rodere di invidia i tanti cantanti di oggi; è inevitabile però che il grande sforzo vocale segni un “contrappasso” sulla sua presenza scenica. Tutti i componenti riescono a dimostrare appieno la loro caratura tecnica recitando a turno il loro assoli, e dopo “Vincent Price” Morse in un brano inedito strumentale (“Contact Lost“) sfoggia tutta la sua tecnica che ripeterà in “Well dressed guitar“, mentre in “The mule” Ian Paice si scatena dando spettacolo alla batteria. Di seguto “Lazy” e “Demon’s Eye“, ed è poi la volta dell’assolo di Don Airey, e ancora “Perfect Strangers” e “Space Truckin“.

Inevitabile chiusura con “Smoke on The Water” con la platea a intornare l’inconfondibile ritornello più celebre della storia del rock. Bis con “Hush” e “Black Night” con i fan che ringraziano con calore i loro “zii” preferiti che tanta passione in passato hanno saputo trasmettere loro."

Fabrizio di Bitonto per www.zetaemme.it

 

"Un boato accoglie i cinque sul palco, vecchie e nuove generazioni unite dalla stessa passione al cospetto di un monumento così importante come lo sono i Deep Purple, che continuano ad emozionare tanto i più giovani quanto gli adulti che, come me, li seguono sin dalle loro prime opere ed è un piacere vedere come padri e figli siano lì insieme, in una sorta di continuità delle buone tradizioni che si tramandano in una famiglia.

Ogni canzone è accompagnata dall’ovazione del pubblico, che in coro canta brani leggendari come “Strange Kind Of Woman”, oppure applaude ammirato Steve Morse nella strumentale “Contact Lost” ri-arrangiata per l’occasione .
Certo, il tempo passa per tutti, ma questi “attempati ragazzini” ci sanno ancora fare e noi subiamo il loro fascino e quello delle loro canzoni che mettono in risalto le loro doti di musicisti.

Ma è Don Airey ad incantarci, il tastierista sale in cattedra e mette a tacere tutti con un assolo che rasenta la perfezione. Tra effetti elettronici e magici virtuosismi, Don mette in mostra la sua abilità e la sua destrezza regalandoci emozioni a non finire e fantasiosi giochi di prestidigitazione facendo volare le sue mani su quei tasti, spaziando dalla classica al ragtime, lasciando poi un segno nei nostri cuori con “Arrivederci Roma”: un omaggio alla Città Eterna applaudito a lungo da tutti i presenti.

Lasciano temporaneamente il palco non prima di far esplodere il Palalottomatica con il più celebre ed inconfondibile riff della storia del rock: “Smoke On The Water”, che tutti cantano a squarciagola e che ancora oggi, dopo 43 anni, infiamma il pubblico dell’intero pianeta… e forse anche di tutta la galassia.
L’attesa per il loro rientro non è lunga ed introdotta da un loro accenno alla famosa “Green Onions”, eccoli tornare per l’encore con la sempreverde “Hush” e dopo un energico assolo di basso di un tonico e sorridente Roger Glover, chiudono il loro show con l’immancabile “Black Night” che il pubblico accompagna con il suo coro in un prolungato botta e risposta con Steve Morse, in un coinvolgimento sinergico ed intenso.
La standing ovation è d’obbligo per salutarli degnamente e ringraziare i Deep Purple dopo una serata così unica e veramente speciale. Per dirla alla Ian Gillan: “SUPERBE!”.

Rockberto Manenti per www.metalrock.romadailynews.it

Foto

Marta Coratella per www.rockol.it

Fabrizio di Bitonto per  www.zetaemme.it

 

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